La caratteristica più particolare è sicuramente la modalità di narrazione che Martin ha deciso di attuare: come se fosse un saggio, lo scrittore ricopre qui il ruolo di storico cronista che trascrive sotto dettatura dell’arcimaestro Gyldayn.
Ne viene fuori un’opera che non è per tutti, in quanto non ha il trasporto dei romanzi di narrativa, ma la minuziosità maniacale dei libri di testo o dei sussidiari.
Ciò non toglie che per gli appassionati della saga questo sia un libro non da meno: seppur in uno stile diverso, vengono riportati tutti gli elementi che hanno reso Le Cronache una delle opere simbolo di un’epoca. Battaglie, complotti, omicidi, stupro.
Martin architetta magistralmente delle vicende da togliere il fiato, che si inseguono con una consecutio precisa e ben delineata, che non stravolge quanto già si conosce della storia e non crea buchi di trama.
Questa è senz’altro una chicca per coloro che non possono fare a meno, come me, di tornare a Westeros, quella originale e vera che ha fondamenta nelle pagine create dall’autore.
Inutile pensare che leggere gli ultimi due libri della serie principale sarebbe stato meglio, ormai bisogna rassegnarsi ai tempi di George Martin e riempire il vuoto in altro modo.