Recensione: “Pioggia di primavera” di Paolina Baruchello e Andrea Rivola


« Il movimento era armonioso e nello stesso tempo deciso. Shun Mei riaprì gli occhi. Le lacrime si erano fermate. Aveva raggiunto la concentrazione. Stava praticando il Kung fu.»

Chun Yu ama lasciarsi trasportare in altri mondi dalla sua fantasia. Così, affronta la vita di tutti i giorni. Poi sua madre si ammala e viene mandata a vivere dallo zio Tang Tai, che accoglie la nipote con gioia ed emozione.
Ma il figlio del signore del villaggio, Wong la Tigre, vuole prenderla con sé con la prepotenza e fare di lei la sua sposa.
Quando per la ragazza sembra che ormai il destino sembra segnato, entra nella locanda dello zio Shun Mei, monaca guerriera del tempio di Tian Shan. Non solo la donna è intenzionata a difendere Chun Yu, ma la inizierà all’antica pratica del Kung fu, affinché possa imparare a difendersi e lottare da sola per la propria libertà.
Il cammino è difficile e la fatica si fa sentire ad ogni movimento dei muscoli, ma Chun Yu non si arrende e per diventare la guerriera che ha sempre solo sognato di essere è pronta ad affrontare il duro allenamento della sua severa maestra.
Per descrivere questa storia non servono molte parole. L’atmosfera che si respira è tesa ma viene equilibrata dalla leggerezza e semplicità che il tratto di Andrea Rivola sa trasmettere.
Direttamente dall’Italia, una nuova favola, delicata come la pioggia di primavera, si unisce alla tradizione delle storie orientali.