Sono davvero felice quest’oggi di parlare di “Coraline”, capolavoro per grandi e piccoli magistralmente scritto da Neil Gaiman. Non è la prima volta, per fortuna, che quest’opera viene venduta nelle librerie italiane: la versione inglese è uscita nel 2002 e la Mondadori l’anno successivo l’ha pubblicato qui, con una copertina cui sono molto affezionata, perché disegnata dal maestro Dave McKean.
Questo mese, “Coraline” trova una nuova luce con questa meravigliosa edizione: cambiando look, la mano è passata al famoso illustratore Benjamin Lacombe. E che dire, trovo sia un perfetto erede! Da anni lo seguo sui social e amo il suo particolare tratto, molto evocativo, surrealista e dalle tinte fiabesche. La caratteristica visiva che più di tutte lo identifica sono gli occhi: lo sguardo dei suoi personaggi trasmette subito delle emozioni forti allo spettatore, che non può fare a meno di perdersi in quell’oceano delicato e intenso al tempo stesso. A breve scoprirete quanto lo sguardo sia importante per la storia di cui stiamo parlando.
L’ispirazione al gotico, poi, invade ogni sua opera, facendo fuoriuscire inquietudine e fascino. Non si può smettere di ammirare le sue illustrazioni e trovo che abbia rappresentato la copertina di “Coraline” in maniera impeccabile nella sua essenzialità.
L’immagine di Lacombe ha una storia da raccontare, che di fatto riflette ciò che Gaiman ha narrato tra le pagine, dando al lettore un punto di partenza per volare con la fantasia.
Tutto ha inizio con il trasloco della famiglia Jones, in una casa così grande che a sua volta è suddivisa in diversi appartamenti e abitata da altri bizzarri inquilini. La piccola Coraline ha una genuina curiosità e non si fa problemi nell’esplorare il circondario, alla ricerca di qualcosa di interessante. Perfino quella porta in legno e murata, suscita in lei un certo interesse.
La notte sullo sfondo della copertina è illuminata dalla luce pallida della luna – che non è ciò che sembra, dati i particolari che la rendono in tutto e per tutto un bottone – che tinge il buio di una leggera sfumatura violetta, irradiando i contorni delle figure che si stagliano attorno a Coraline. I suoi vicini sono sospesi e appesi ai rami dello scheletrico albero e vegliano, con lo sguardo inquietante tipico dell’altro mondo, su di lei.
Le prime a presentarsi a lei sono Miss Spink e Miss Forcible, anziane attrici di teatro che vivono ora dei ricordi dei tempi andati.
Nell’appartamento del pianterreno, sotto quello di Coraline, vivevano Miss Spink e Miss Forcible. Le due donne erano anziane e grassocce, e occupavano l’appartamento in compagnia di alcuni vecchi terrier scozzesi che portavano nomi come Hamish, Andrew e Jock. In passato Miss Spink e Miss Forcible erano state attrici, e Miss Spink in persona lo aveva rivelato a Coraline, non appena si erano conosciute.
— Vedi, Caroline — le aveva detto Miss Spink, sbagliando a pronunciare il nome — sia io che mia sorella Forcible eravamo attrici famose, ai nostri tempi. Calcavamo le scene, tesoruccio.
Al piano di sopra invece, abita il Signor Bobo, uomo ossessionato dal creare un circo composto da topi. Davvero un soggetto inquietante, che dall’altra parte assume un atteggiamento marcatamente disturbante.
L’uomo scese le scale esterne che portavano dall’appartamento di Coraline al suo. Le scese molto lentamente. Lei lo aspettò in fondo alle scale.
— Ai topi la nebbia non piace — le disse. — Gli fa afflosciare i baffi.
— Neanche a me piace molto — ammise Coraline.
Il vecchio si chinò su di lei, avvicinandosi tanto da farle il solletico all’orecchio con la punta dei baffi. — I topi ti mandano un messaggio — sussurrò.
Coraline non sapeva cosa dire.
— Il messaggio è il seguente. Non varcare quella porta. — E si interruppe. — Ti dice niente?
— No — rispose Coraline.
Il vecchio alzò le spalle. — Che buffi, i topi! Non fanno che prendere fischi per fiaschi. Sbagliano anche il tuo nome, sai? Continuano a chiamarti Coraline. Non Caroline. Niente Caroline.
Nella copertina, poi, Coraline tiene in braccio un gatto nero, compagno fedele in questa improbabile avventura:
Si voltò. Sul muricciolo accanto a lei c’era un grosso gatto nero, identico al grosso gatto nero che aveva visto sui prati di casa.
— Buon pomeriggio — disse il gatto.
La sua voce sembrava quella che Coraline aveva in fondo alla testa, la voce che usava per immaginare delle parole, ma era la voce di un uomo, non di una ragazza.
— Salve — disse Coraline. — Ho visto un gatto uguale a te nel giardino di casa mia. Tu devi essere l’altro gatto.
Il gatto fece segno di no con la testa. — No — disse. — Io non sono l’altro di nessuno. Io sono io. — E piegò la testa di lato; i suoi occhi verdi luccicavano. — Voi persone siete dappertutto. E i gatti, dal canto loro, devono restare uniti. Non so se mi spiego.
Girando una misteriosa chiave in quella toppa e facendo così scomparire i mattoni come per magia, Coraline si addentra in un mondo affascinante e divertente. Ma ancora non sa cosa le spetta da quella parte della casa.
L’incontro con l’Altra Madre è tra le scene più inquietanti di tutto il libro. Non si può dimenticare facilmente, nonostante sia ancora soltanto l’inizio:
Sembrava la voce di sua madre. Coraline andò in cucina, perché la voce veniva da lì. In cucina trovò una donna che le dava le spalle. Assomigliava un po’ a sua madre. Solo che…
Solo che aveva la pelle bianca come la carta.
Solo che era più alta e più magra.
Solo che aveva le dita troppo lunghe, che non stavano mai ferme, e le unghie, adunche e affilate, di un rosso scuro.
— Coraline? — disse la donna. — Sei tu?
Quindi si voltò a guardarla. Al posto degli occhi aveva due grossi bottoni neri.
— È ora di pranzo, Coraline — disse la donna.
— E tu chi sei? — domandò la bambina.
— Sono l’altra tua madre — rispose la donna. — Va’ a dire all’altro tuo padre che il pranzo è pronto. — E aprì lo sportello del forno. All’improvviso, Coraline si rese conto di avere una fame da lupi. E che odorino meraviglioso! — Allora, che aspetti?
Coraline arrivò in fondo al corridoio, dove si trovava lo studio di suo padre. Aprì la porta. All’interno c’era un uomo seduto alla tastiera del com-puter, che le dava le spalle. — Ciao — disse Coraline. — C-cioè, lei mi ha detto di dirti che è pronto il pranzo.
L’uomo si voltò.
Al posto degli occhi aveva due grossi bottoni neri e scintillanti.
— Ciao, Coraline — disse. — Non ci vedo più dalla fame.
Si alzò e andò con lei in cucina. Si sedettero intorno al tavolo e l’altra madre di Coraline servì il pranzo. Un enorme e dorato pollo arrosto, patate fritte, pisellini verdi. Coraline spazzolò il cibo che aveva nel piatto. Era buonissimo.
— È da un pezzo che ti aspettiamo — disse l’altro padre di Coraline.
— Me?
— Sì — disse l’altra madre. — Senza di te, qui non era più la stessa co-sa. Ma sapevamo che un giorno saresti arrivata, e che a quel punto sarem-mo diventati una vera famiglia. Ti va un altro po’ di pollo?
Così, Coraline scopre di avere un’altra madre e un altro padre, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lentamente, la bambina viene ammaliata da queste figure fisicamente distorte – chi non lo direbbe, con dei bottoni al posto degli occhi? – ma che in qualche modo sanno essere più apprensive nei suoi confronti e attente ai suoi desideri. Se i suoi genitori sono sempre impegnati e non hanno per lei, questi la vogliono per sé ogni minuto, fino a non volere che torni dall’altra parte.
Un bell’incantesimo, ma quanto può durare? L’incontro con tre fantasmi le faranno aprire davvero gli occhi sulla situazione e sul grosso pericolo che sta correndo lì.
“Coraline” è un libro perfetto per il periodo di fine ottobre, perché è una storia di paura che riesce ad intrattenere sia i bambini, cui è dedicato, ma anche gli adulti. Rileggendolo dopo anni, non posso fare a meno di tremare in certe scene e di voler scappare lontano. Coraline è una compagna di lettura davvero coraggiosa e che infonde forza anche in noi, che da spettatori esterni la seguiamo.
Impartisce una lezione di vita molto importante, che vale per sempre e di cui spesso ci si dimentica.
Una lettura che non posso fare a meno di consigliare.