Recensione: “Consolazione” di Michele Orti Manara

Il paese di Roccasa racchiude in sé una maledizione persa nel tempo, cui le donne tentano di reagire al contrario degli uomini che possono solo soccombere a essa. Così è e così sarà sempre, una muta rassegnazione dove vige l’abitudine alla convivenza con una Bestia. Solo le sarachie possono fare qualcosa e la giovane Teresa sta per diventare una di queste.

“Consolazione” batte con sempre più violenza contro le pareti emotive di ognuno di noi. Una trama talmente tanto magnetica da sembrare pericolosa fa nascere una curiosità bruciante: si vuole conoscere cosa alberga oltre il velo, senza però sapere quale sia il prezzo da pagare.

Si ha il costante presentimento che qualcosa deve avvenire, come nei migliori horror pronti a far scattare i malcapitati. Non si ha pace, nemmeno al fianco della protagonista che si ritrova ad affrontare qualcosa di grande, troppo grande. Quella di Teresa è un’eredità tanto speciale quanto pesante come un macigno, un fardello che potrebbe entusiasmare ma che rischia di far soccombere chi lo deve reggere.

Il mistero è fitto, come i boschi che circondano Roccasa isolandolo da tutto il resto. Si percepisce il profumo delicato delle migliori fiabe, in grado però di sfociare nell’orrido e far dileguare ogni più piccolo frammento di speranza.

Il libro scorre con urgenza nonostante la densità degli avvenimenti narrati: che cos’è, realmente, la consolazione? Forza e debolezza si combattono con ferocia tra le pagine descrivendo un modello di società maledettamente rispecchiabile con quanto viviamo, sia sulla nostra pelle che attraverso i mezzi di comunicazione.

Una storia intensa, crudele e che non si può davvero immaginare a priori. Michele Orti Manara ha fatto un lavoro così tanto prezioso e gradevole che non si può lasciarlo passare senza avergli dato una possibilità.

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